Scrutare nel silenzio della camera sgranando i rumori di là delle pareti, a uno a uno.
Distesi sul letto, il fastidio dei nostri corpi accaldati, il tempo rallenta e
anche le voci, il ronzio delle mosche, lo scalpiccio dei passi dal corridoio,
tutto è più sordo, attutito nel torpore, nell'astenia che ottunde senza
alleviare l'ansia dell'esserci. Amare i nostri vicendevoli rancori, contrastare
il vuoto prima che un vuoto più fondo ci annulli. E dopo, nient'altro da
guardare che il soffitto ruvido, grezzo o gli interstizi fra le stecche
dell'avvolgibile da cui filtra una luce sporca, pulviscolare.
lunedì 16 maggio 2016
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