domenica 20 marzo 2016
PERCEZIONI
mercoledì 9 marzo 2016
INTERVISTA
"Chi
è Stefano Iatosti?"
"La
definizione di se stessi, della propria identità personale, non è mai data una
volta per tutte, tanto più quando l’istinto, il carattere o la particolare
declinazione dell’intelligenza porta a esplorare territori anche molto lontani
fra loro. In effetti, cominciamo le nostre esplorazioni nei primi mesi di vita
e le allarghiamo progressivamente fino a comprendere in potenza l’intero
universo; allo stesso tempo, rivolgiamo lo sguardo su noi stessi, sui nostri
processi mentali, sui desideri e le aspirazioni. Condivido entrambe le
curiosità, quella per il mondo, in senso lato e quella per la natura umana e in
ciò che scrivo, sia da narratore sia come critico, si ritrova questo duplice
interesse. I viaggi di cui parlo, i paesaggi che descrivo sono insieme concreti
e astratti, si tratti di un deserto da attraversare o dei labirinti urbani in
cui smarrirsi, perché di ogni esplorazione, di ogni ricerca, di ogni viaggio è
presente una doppia interpretazione, letterale e simbolica, di percorso
spaziale e di esperienza interiore, un’esperienza che rivive nel ricordo e si
proietta nell’ipotesi di nuove partenze, di nuove e sconosciute
destinazioni".
"Che ruolo assume la parola nel suo descritto
perenne viaggiare?"
"Il racconto del viaggio è in qualche modo
implicito nel viaggiare, fin dalla scelta del luogo di destinazione. Siamo
influenzati dalle esperienze altrui, dalle loro descrizioni, dall’immagine
letteraria o cinematografica, dalle nostre aspettative, dal desiderio e dal
pregiudizio. Non esistono luoghi vergini, tutto è filtrato dalla narrazione: le
mete del turismo sono obbligate e la ricerca dell’avventura ricalca quella di
chi ci ha preceduto. La parola è il mezzo più suggestivo per evocare la
lontananza, l’estraneità, quella particolare ebbrezza per ciò che non si
conosce: può costruire paesaggi, architetture e volti, far vedere ciò che non
si è mai visto e non si vedrà mai, trovare un nesso fra esperienze frammentarie
e incongruenti. Ci vuole una grande immaginazione per viaggiare".
"Il viaggio reale e quello immaginario hanno in
comune la necessità di essere narrati. Perché è importante condividere queste
esperienze?"
"La narrazione nasce per essere condivisa,
tanto più quella riferita al viaggio, che si tratti di un’esperienza concreta,
di un percorso iniziatico o dell’ascesa al regno degli spiriti protettori di
una comunità tribale. Per millenni, la trasmissione della cultura si è fondata
sull’oralità e questa presuppone evidentemente un narratore e un pubblico.
Successivamente, la letteratura di viaggio ha rappresentato, per un gran numero
di lettori e prima che il turismo diventasse un fenomeno di massa, l’unica
possibilità per conoscere terre lontane e culture esotiche trasmettendo allo
stesso tempo, attraverso il punto di vista del viaggiatore, modelli di
riferimento per valutare usanze e concezioni della vita altre. Ancora oggi, ogni viaggiatore
è un potenziale narratore, sempre alla ricerca di un lettore che condivida, se
non le sue esperienze, la sua irrequietezza".
http://www.icaffeculturali.com/0%20TAVOLINI%20RISERVATI/IATOSTI%20STEFANO/IATOSTI%20STEFANO.htm
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