Ecco l’alveo, l’abbraccio dei moli, lo schieramento delle case nel porto. Ci aspetta una lunga teoria di agnizioni. Ma quando, con passo barcollante affrontiamo l’asfalto della banchina, ci coglie subito un senso d’estraneità, quasi fosse il déjà vu di un altro, lo sfalsamento fra il ricordo e il dato, la svagatezza e l’ovvietà dell’esserci, i fotogrammi a sovrapporsi senza mai combaciare. E non sai più se sia il presente, una proiezione del passato o viceversa.
mercoledì 20 gennaio 2016
IL DÉJÀ VU DI UN ALTRO
Ecco l’alveo, l’abbraccio dei moli, lo schieramento delle case nel porto. Ci aspetta una lunga teoria di agnizioni. Ma quando, con passo barcollante affrontiamo l’asfalto della banchina, ci coglie subito un senso d’estraneità, quasi fosse il déjà vu di un altro, lo sfalsamento fra il ricordo e il dato, la svagatezza e l’ovvietà dell’esserci, i fotogrammi a sovrapporsi senza mai combaciare. E non sai più se sia il presente, una proiezione del passato o viceversa.
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